La Bauta

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Un enigmatico volto bianco dai tratti rigorosi buca il nero del cappuccio che copre il collo e la gola, e scende fin oltre le spalle. Sulla testa un cappello a tricorno, che serve anche a tenere in posizione la maschera, mentre un lungo manto nero nasconde interamente la figura.

Questo è l’abbigliamento della maschera veneziana per eccellenza, la Bauta, di origine sconosciuta ma usata soprattutto nel XVIII secolo, durante il lunghissimo carnevale e nelle molte occasioni festive che i veneziani non mancavano di concedersi.

 

 

La Bauta era propriamente la mantellina che copriva testa e collo, spesso fatta di costosissimo merletto

 

Frequentemente rappresentata dai pittori contemporanei, la si associa immediatamente alle feste splendide, al gioco d’azzardo e alle avventure galanti, ma induce anche ad immaginare oscure trame di spie e malviventi protetti dall’anonimato che la maschera garantiva. 

Usata da uomini e donne, era il travestimento prediletto dell’aristocrazia, ma nella sua uniformità permetteva ogni trasgressione di classe e di genere.

Giandomenico Tiepolo, Il minuetto, Museo d’Art de Catalunya, 1756

 

Come non immaginare Casanova avvolto nel tabarro, il volto coperto dalla larva, la maschera bianca, mentre si reca, neanche troppo furtivo, a qualche incontro amoroso?

Immagine dal film Casanova, 2005

 

I legislatori veneziani provarono a regolare l’utilizzo delle maschere, certamente senza grande successo: divieti come quello di aggirarsi mascherati di notte, di portare armi sotto il tabarro o entrare mascherati in luoghi sacri e conventi, vengono ripetuti più volte attraverso i secoli.

Il lato misterioso della Bauta colpisce i viaggiatori settecenteschi che descrivono Venezia come una città di maschere, che permettono a chi le indossa, veneziani come stranieri, di abbandonarsi ai vizi senza il minimo imbarazzo. Altri raccontano l’inquietudine che ispirano le facce pallide avvolte dall’oscurità del costume, mentre si muovono silenziose al lume delle candele.

Francesco Guardi, Il Ridotto, Venezia Ca’Rezzonico, c.1746

 

Quest’aura di mistero si è conservata nel tempo. Nel 1969 Orson Welles dirige e interpreta Il Mercante di Venezia. La pellicola ebbe molte sfortunate vicissitudini, e tutto quello che ne rimane sono proprio le scene girate in laguna: Welles, nel ruolo di Shylock, cammina in una città quasi deserta, animata solo da silenziose e inquietanti figure, mascherate con la Bauta. 

Fotogramma da Il Mercante di Venezia, Orson Welles

 

In tempi più recenti, una Venezia dove tutto può succedere appare nelle pagine di fumetti i cui protagonisti sono abituati a trattare con l’impossibile. Dylan Dog, Martin Mystère e Nathan Never si imbattono tutti nelle Baute, che non sono mai amichevoli, anzi, i volti impassibili celano una minaccia generalmente volta alla distruzione del mondo.

Storie da Altrove, L’isola che giaceva in fondo al mare, 2005

 

Oggi a Venezia le Baute si mescolano alle maschere ricche di colori e lustrini del Carnevale, ma ci resta ancora un quesito, l’etimologia del nome rimane sconosciuta, anche se ci piace molto l’ipotesi che lo fa derivare da Babau, l’uomo nero che spaventa i bambini.   

Emanuela